mercoledì 9 marzo 2011

Fantasilandia - questo sono io

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Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare – il mare – nell’aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare.
Potrebbe essere la perfezione – immagine per occhi divini – mondo che accade e basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità – verità – ma ancora una volta è il salvifico granello dell’uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso…A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore. Il cavalletto è ancorato con corde sottili a quattro sassi posati nella sabbia. L’uomo…sta in piedi, di fronte al mare, rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto, una tela... È come una sentinella…squarcio infinito…sentiero di passi a migliaia…proprio come i passi di quella donna che avvolta in un mantello viola, il capo coperto, misura lentamente la spiaggia…fino a giungere a qualche passo da lui, e poi proprio accanto a lui, dove diventa un nulla fermarsi  e, tacendo, guardare.
- Vi prego, non muovetevi. - dice alla donna.
Poi avvicina il pennello al volto della donna, esita  un attimo, lo appoggia sulle sue labbra e lentamente lo fa scorrere da un angolo all’altro della bocca. Le setole si tingono di rosso carminio. Lui le guarda, le immerge appena nell’acqua, e rialza lo sguardo verso il mare. Sulle labbra della donna rimane l’ombra di un sapore che la costringe a pensare “acqua di mare, quest’uomo dipinge il mare con il mare”... 1

Lo scenario perfetto di un libro che parla di oceano.
Il libro lo legge una giovane donna immersa nel silenzio della biblioteca. Solo un leggero filo di trucco accompagna un abito estivo. Occhi incollati alle pagine, mette in ordine mentalmente le parole. Segue il lento scorrere degli eventi sorridendo in coincidenza con la punteggiatura. Il suo sguardo cattura lo sguardo attento di uno studente alla ricerca del silenzio necessario…perché la sua attenzione possa non essere distratta da fattori esterni. Ma quel giorno non sarà il pensiero dell’imminente esame a stuzzicare la mente del giovane. Il sorriso della ragazza gli è già entrato nell’animo. Già non riesce a staccarle gli occhi di dosso. Già tenta di immaginare le parole giuste per poter iniziar discorso. Quando finalmente le trova, quando ha in mente la battuta divertente, quella giusta…fa per alzarsi…la guarda ancora e la scorge piangere. Ha il viso rigato di lacrime. Occhi lucidi e tristi. Ma ormai il giovane è giunto al suo tavolo. E lei lo ha notato. E non che in una situazione come quella diventa facile pensare in fretta.
- Posso aiutarti a sopportare la vita?- pronunciano le sue labbra mentre fa per porgerle un fazzoletto. Questo funziona. Questo la fa sorridere. Ma il suo non è un sorriso compiaciuto. È un sorriso divertito per le parole idiote appena udite. Un sorriso che resterà nella mente umiliata di lui per tutto il resto della serata.

La scena tipica di una barzelletta idiota, una di quelle che non farebbe ridere neppure un branco di 18enni ubriachi, riportata in una vignetta nella pagina umoristica del settimanale d’enigmistica che il signor Carter sfoglia infastidito. È seduto sull’aereo che lo porterà a Londra. Tenta di rilassarsi, prima dell’importante riunione notturna che lo aspetta, dedicandosi al suo passatempo preferito. Le parole crociate. Indossa la solita giacca sbagliata. Trattiene, a stento, cenni di stizza ogni volta che il suo vicino di poltrona tenta di introdurlo in indesiderate conversazioni. Vorrebbe trovare il coraggio di voltarsi verso di lui e con aria decisa invitarlo a fare silenzio. A non infastidirlo. A sedersi altrove. Ad andare al diavolo.
Vorrebbe soltanto lasciar passare l’ora di volo in assoluta pace. 
Mentre l’aereo si porta sulla pista assegnatagli, l’uomo seduto di fianco inizia a ragguagliarlo sulle ultime statistiche riguardo la caduta degli aerei charter. Sulle percentuali di decolli e atterraggi da dimenticare. La conversazione si fa animata perché ora anche la coppia seduta dietro di loro si immette nel discorso.
Carter inizia a respirare affannosamente: l’aereo decolla e lui si spinge contro il sedile quasi a voler aiutare il pilota nell’importante compito che sta svolgendo. Chiude gli occhi e quando li riapre vede nell’oblò alla sua sinistra un rosso sole esibirsi in un caldo tramonto.

Il tramonto che accompagna l’aereo - nella reclame di una compagnia aerea low cost, incollata sul fianco di un tram - suggerisce caldi giorni tropicali a Luigi: ore vissute disteso al sole in spiaggia, ascoltando soltanto la melodia delle voci dei bambini giocare.
Luigi è sul suo scooter e insegue spazientito il desiderio di rientrare a casa per una doccia gelata dopo una lunga giornata di lavoro. Continua il suo ossessionante slalom tra le auto in corsa rischiando sempre un po’: la gente, in macchina, continua ad inviargli caldi accompagnamenti verbali. Lui risponde sempre allo stesso modo, si volta, alza il dito medio e pronuncia un gentile “fottiti” senza emettere suono. Va allo stesso modo ogni giorno ma oggi è particolarmente concentrato nei suoi pensieri. Sta pensando all’offerta ricevuta al lavoro, la guida di un gruppo di ricerca in materia di “Inquinamento atmosferico: causa dello scioglimento dei ghiacci delle calotte polari”.
In Siberia.
I pensieri in cui è assorto lo distraggono dalla guida e durante uno dei suoi sorpassi, tra un autocarro ed una Volvo, finisce col centrare il paraurti dell’auto. Sul paraurti rimane il segno del colore dello scooter. Luigi rimane incastrato tra l’asfalto ed il suo mezzo. Il tizio della Volvo scende dall’auto, incazzato. In un gesto di stizza prima solleva lo scooter e poi lo lascia ricadere sul giovane. Le urla di dolore coprono il rumore del traffico. Luigi ora ha una gamba rotta. Fratture multiple al femore.

- Una frattura di tipo multipla ad un arto impone un trattamento ……………….e che ne so! –
È ciò che Annalisa ripete mentalmente prima di rispondere alla domanda del quiz per la patente di guida.
- Primo soccorso…vaffanculo - Pensa – queste cazzate proprio non mi girano nella testa.
Prova allora ad immaginarsi la possibile scena e ricostruisce mentalmente l’accaduto. Una coppia di ragazzi percorre in bicicletta la statale. Hanno entrambi un telo da mare poggiato sulla sella della bici. Vanno in spiaggia. Lei è al volante della sua vecchia 500 e ascolta musica. La precede un furgone bianco. Il furgone procede con andatura ondulatoria.
- Forse l’autista è ubriaco - Pensa.
Procedendo lungo la sua strada, il furgone colpisce una delle due bici. Quella nera. Il colpo imprime una traiettoria che il giovane non riesce a gestire. Cade sbattendo testa e braccia con violenza sul manto stradale che si colora di rosso. Lo sfortunato ha una lacerazione nella zona occipitale destra ed un braccio rotto e il tizio del furgone, anziché fermarsi e prestare aiuto, accelera proseguendo la sua corsa. Annalisa pensa: “Omissione di soccorso…la targa, devo prendere la targa, CG718MC….CG718MC…….CG 71…..CG718MC….devo fermarmi…” Annalisa si ferma, si avvicina al ragazzo che giace privo di conoscenza.
Una frattura esposta, nel corpo disteso al suolo, la lascia interdetta. La sensazione di inadeguatezza e il naturale istinto di  repulsione alla vista dell’osso insanguinato le suggeriscono di allontanarsi. Ma in un attimo raccoglie i suoi pensieri, si avvicina al corpo, gli tasta il polso, gli solleva le gambe. Col cellulare chiama il pronto intervento.

L’ambulanza esce dall’ospedale accompagnata dallo stridore delle gomme e dalle bestemmie silenziose dei pedoni, assordati dalla sirena: Enrico sta seguendo il suo telefilm preferito in TV. 
È fanatico di una nota serie americana che racconta la vita in un pronto soccorso.
Seduta accanto a lui, Manuela, sua moglie, che invece legge col dolore nel cuore, la mente a ricordi lontani e pochi accenni di lacrime agli occhi:
<<Ha, ciascuno di noi la sua ferita, ogni ora viva. La mia, qui dentro, qui, mi sanguina ancora, qui, sotto la sua lettera dal foglietto ingiallito, dove si vede ancora il sangue al pianto unito>>.2
Seduto un po’ più in là c’è anche il loro figlio che, appoggiato al bracciolo del divano, sta per addormentarsi. Manuela si alza in silenzio, si piega vicino al suo bambino e gli sussurra che è ora di andare a dormire. Lo prende per mano e lo accompagna in camera dopo avergli fatto lavare i denti. Le mani sicure sistemano le calde coltri. Fa per allontanarsi ma il piccolo chiede una favola.
Manuela sospira, si siede sul letto ed inizia a raccontare la storia di un bambino di legno, nato dal desiderio d’amore di un anziano falegname. Un bambino speciale ma sfortunato: un bambino spaventato e dispiaciuto, corre via in lacrime dopo aver raccontato una bugia al suo anziano padre e alla sua speciale amica fatina.

L’immagine del burattino è ben dettagliata: occhi, bocca, braccia larghe lungo i fianchi del corpo di legno in corsa. Il naso, lungo,  lentamente riprende le sue dimensioni abituali.
È ciò che Margherita riconosce…tra le nuvole sopra di lei mentre, distesa sul prato, si gode un po’ del fresco del parco dopo una lunga giornata passata nel caldo umido della città. Sorride allo spettacolo di burattini candidi ed enormi che le nubi le offrono nel cielo azzurro tinto per metà da un rosso crepuscolo. Il suo senso di solitudine non si attenua ma si sente più appagata dal contatto dei piedi nudi con l’erba fresca, dal canto degli uccelli, dal rumore delle foglie e dei rami accarezzati da un debole vento, quasi come se la natura carpisse il suo stato d’animo e si plasmasse intorno al suo essere. Sola! Ma è tardi e al rintoccar delle ore del campanile della chiesa vicina, si rende conto che è ora di rientrare. Un treno l’aspetta. Raccoglie la sua roba e, sorridendo ad un bambino che le passa accanto cantando, prosegue per la sua strada.

1 Alessandro Baricco – Oceano Mare – Rizzoli 1993
2 Edmond Rostand - Cirano Di Bergerac

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