Ci sono due scene nella mia vita che da sempre sogno prendano forma.
Ho sempre desiderato provare l’emozione che due semplici ma inusuali e coraggiosi gesti avrebbero scatenato in me.
Ebbene sì, sono un romanticone.
La prima è la fotografia di una scena letta in un libro. Non mi riguarda personalmente.
Mi piacerebbe essere testimone di questa scena:
- Diavolo -, disse Diesel.
- E quello cos’è? -, nondisse Poomerang.
- Guarda -, disse Diesel.
- Diavolo -, nondisse Poomerang.
Fissavano quel tacco nero, a spillo, e fu un niente vedere - un attimo dopo l’inevitabile flash di una caviglia in nylon scuro - vedere il passo che l’aveva perso, esattamente il passo, inteso come ritmo e danza, compasso femmina smaltato nylon scuro. Lo videro da prima nel pendolo danzante di due gambe sottili, e poi nello scarto morbido che il seno, sotto la camicetta, raccoglieva rimandandolo ai capelli - corti neri, pensò Diesel - corti biondi, pensò Poomerang - lisci e sottili abbastanza da danzare a quel ritmo, che nei loro occhi era ormai diventato corpo femminile, e umanità e storia quando improvvisamente si increspò sul minuscolo controtempo di un tacco che si mise a oscillare, a un passo, e si piegò, al passo successivo, staccandosi dalla scarpa e da quel ritmo tutto - di femmina umanità e storia - costringendolo a una cadenza - non proprio a una caduta - dove ritrovare l’equilibrio di una immobilità - il silenzio.
C’era un gran casino intorno a loro, ma nulla sembrava poterli schiodare da lì, Diesel ancora più curvo del normale, gli occhi fissi a terra, Poomerang con la mano sinistra a lisciarsi avanti e indietro il cranio rapato: la destra appesa alla tasca dei pantaloni di Diesel, come sempre. Guardavano un tacco a spillo nero, ma stavano vedendo in realtà quella donna scomporsi e rallentare, la videro girarsi per un attimo dicendo
- Merda
senza neppure per un istante pensare di fermarsi, come avrebbe fatto una donna normale - fermarsi, tornare indietro, recuperare il tacco, provare a riappiccicarlo tenendosi con una mano a un segnale stradale, senso vietato - neanche pensando di fare una cosa così ragionevole, ma continuando invece a camminare, giusto col vezzo di dire
- Merda
nel momento stesso in cui, escludendo di stropicciare la propria bellezza nel controtempo di una zoppia obbligata, si sfila la scarpa ferita, con un gesto leggero, senza smettere di camminare, e diventa poi definitivamente leggenda, per loro due, sfilandosi anche l’altra - compasso scalzo cromato nylon scuro - prende le scarpe, le butta in un cassonetto blu mentre già guarda intorno per cercare quel che subito trova, una vettura gialla che risale il viale lentamente.*
L’ho quasi sfiorata, sabato di qualche settimana fa.
Ho incrociato il tacco rotto per terra mentre l’ormai leggendario “compasso smaltato nylon scuro”; che produce il gesto così semplice, naturale e privo di qualunque concessione alla vanità, di sfilare la scarpa pur di non perdere il ritmo del suo passo, l’appuntamento di lavoro o… come un flashback, mi si è affacciato alla mente sotto forma di pura immaginazione e producendo in me un sorriso.
La seconda sono fiori. Rose.
Cosa prova un uomo nel vedersi regalare fiori da una donna?
L’ho scoperto ieri sera. L’ho provato ieri sera. Rose. Nessuna occasione da celebrare o evento da festeggiare. Sono arrivate così. Semplici. Naturali. Solo un “Per te”, ad accompagnare il gesto della mano che me le porgeva.
Rose.
Che sorriso mi ha donato e che iniezione di pura e inoffensiva autostima.
* City - Alessandro Baricco
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