giovedì 9 settembre 2010

La notte è giorno, il giorno è notte

Il momento che precede il risveglio del mondo è quello in cui si può meglio entrare in comunione con ciò che sta dietro e dentro le cose. Visto che faccio enorme fatica a svegliarmi presto al mattino per la mia sadhana, per poi andare a lavorare, sto imparando invece ad utilizzare il momento del risveglio notturno quale occasione per andare in profondità. La città tace. Le attività del mondo non disturbano.

La notte è più perfetta e concentrata del giorno, che è una tale fonte di distrazione con i suoi rumori e odori. Anche la mente è più propensa all’introspezione. Amo la notte. Perché parla all’anima. Ascolta il suo respiro pesante. La sua ansia di infinito che non è mai venuta meno. E la notte, canta un canto d’amore che solo orecchie attente possono udire.

Di notte, è più facile “ricattare” Dio a darci occasione di percepire la Sua Divina Presenza.
Devo cercare di rimanere in quello stato che sta al di là del mio sé ordinario. Devo dimorare in esso, cosicché le mie attività esterne possano essere dirette all’interno.

Durante il giorno, poi, è doloroso vedere come la mente si perde con facilità e si dissipa nella ripetizione senza fine di pensieri irrilevanti. Come può esservi abbandono quando la mente ciarla per tutto il tempo?

È strano come normalmente non se ne è consapevoli.

Eppure è nel mondo che voglio vivere. Far parte del mondo e, lottando contro di lui, conquistare il mio piccolo spazio dove poter essere sinceramente me stesso. Dove chiudere gli occhi e lasciare quel mondo di cui voglio essere parte, totalmente all’esterno. E farlo con facilità. E farlo con devozione e fede e costanza. Non mi arrenderò chiudendomi in un ashram lasciando tutte le difficoltà “mondane” lontano.

Per concludere, una bella frase sentita in un bel film:

“Se desideri una cosa, allunga la mano e prendila”

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