domenica 31 ottobre 2010

Parallel lines

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Quello che mi pare urgente è far il miglior uso possibile della vita, oltre, naturalmente, cercare di scoprire quale sia il suo scopo. Sto leggendo L’amico ritrovato – Fred Uhlman. Ad un certo punto del libro, più o meno a metà, compare una breve analisi.

“Avevo sentito parlare di terremoti nei quali erano state inghiottite migliaia di persone, di fiumi di lava incandescenti che avevano travolto interi villaggi, di onde gigantesche che avevano spazzato via le isole. Avevo letto che un milione di persone erano annegate durante l’inondazione del Fiume Giallo e altri due in quella dello Yangtse. Sapevo che a Verdun avevano perso la vita un milione di soldati. Ma non erano altro che astrazioni, numeri privi di significato, dati statistici, notizie. Non si può soffrire per un milione di morti”

Non si può soffrire per un milione di morti! Ah sì? Queste parole mi hanno indotto in profonda riflessione. Indignazione forse anche. E qual è il limite numerico che ancora muove il nostro senso di compassione? Dieci? Cento? Mille? E a milleuno stop? O forse l’abbraccio con cui il mondo intero si è stretto attorno all’America l’11/9, è stato solo un fenomeno mediatico?

E se oggi il limite di cui parlavo è 1000, non corriamo il rischio che domani, complice l’indurimento emotivo cui questo mondo ci sta abituando, scenda ancora?

Si racconta una storia (una storiella?) avvenuta in Tibet. Un anziano lama cercò di sedurre una giovane donna. La donna, impaurita, riuscì a sfuggirgli. Tornata a casa raccontò dell'accaduto alla madre che fu scioccata nel sentire delle gesta di un uomo così santo e pensò che, forse, la ragazza avesse sbagliato a resistergli. Le disse quindi di tornare indietro a scusarsi col lama. L’uomo le disse che nel suo gesto non c’era alcuna motivazione personale ma che era preoccupato per un defunto lama che, a causa delle sue azioni sbagliate, era stato condannato a rinascere a un livello inferiore. Il primo lama, avendo sentito che il secondo uomo era pronto a rinascere, e mosso da compassione, semplicemente, voleva aiutarlo a rinascere almeno in forma umana, e pensò che la giovane potesse offrire il suo grembo e fargli da madre.

Mi viene da chiedermi se la compassione del lama non avrebbe dovuto estendersi anche alla povera ragazza.

O forse il primo lama, oltre ad aiutare karmicamente il secondo lama aveva ben chiaro anche il karma della ragazza, che prevedeva dovesse portare il fardello della difficile situazione del nascituro.

Non voglio ora spiegare della teoria del karma ma credo fermamente che la decisione più importante che tutti dobbiamo prendere nella vita è, sempre, come agire nel modo più nobile, tenendo presente la nostra crescita spirituale. Credo che solo rispondendo all’odio con l’amore, alla rabbia con una serena accettazione, alle persecuzioni con la gentilezza, troveremo la felicità.
E mi sento in pace quando, a tutto, rispondo con un comportamento leale e amorevole perché amando mi sento più felice di quanto lo sarei odiando o cercando di vendicarmi di un trattamento ingiusto riservatomi.

In quest’ultima, appena trascorsa settimana, sono riuscito a risolvere una brutta situazione creatasi con una persona cara. Gli amici, la mente razionale, suggerivano di allontanare dalla mia vita questa persona in modo da alleggerire la mia anima da una situazione che rischiava di diventare pesante. Ma ho scelto di dare ascolto al cuore e all’affetto che nutro per lei e che mi suggeriva invece di cercare una soluzione ad un livello vibrazionale più alto. Oggi la sintonia tra noi sta diventando più intensa ed io spero, e sarei felice, di poter aiutare questa persona a liberarsi del pesante fardello che porta sulle spalle.

E allora mi chiedo anche se nell’agire nel modo più nobile, da parte nostra, sia incluso pensare alla crescita spirituale di chi ci sta accanto. Voglio dire, è giusto, quando ne abbiamo gli strumenti, aiutare una persona cara a bruciare un nodo karmico? È giusto donare alle persone di questo mondo un po' di fiducia nelle persone di questo mondo?

Io credo che anche questo rientri a pieno titolo nei compiti che ognuno di noi dovrebbe svolgere nel suo cammino evolutivo e farò di tutto, qualora me ne sarà concessa l'opportunità, per aiutare chiunque incroci la mia strada e ne abbia bisogno, perché infondo penso che non già per caso ma per riposte ragioni la loro e la mia strada, una volta incrociatesi, inizino a camminare parallele.

Non di sole persone capaci di dare dolore, egoismo, ingiustizia, sofferenza è fatto il mondo, ma anche di quelli che amano dare piacere e sorrisi, infondere amore e serenità, che sono altruiste, persone ancora capaci d'un romanticismo d'altri tempi. Persone buone.


Per dirla come scritto da Calvino nel suo Le città invisibili:


"Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."

 
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